SU di UN RECENTE LIBRO SCRITTO DA UN NOSTRO CONCITTADINO di
ELEZIONE
(che tratta solo apparentemente
unicamente di calcio)
Roberto De Angelis – Le Partite nel
Cuore –LEGMA Edizioni
…. “Ebbene tutti i tifosi napoletani … potrebbero dire che il
Napoli comunque lo si deve amare perché
è Napoli stessa”. Così si conclude l’introduzione dell’autore, Roberto De
Angelis, al suo bel libro “Le partite nel cuore”; N:B: “nel” e non “del” cuore, e ciò non è senza significato come
non priva di significato è la frase citata sul retro di copertina del grande
Johann Wolfgang Goethe: “Dopo averla visitata, perdòno tutti quelli che perdono
la testa per questa incomparabile città”! E’ il libro scritto da un amante del
Napoli e di Napoli. Ma non è un banale testo, un altro tra i tanti, che parlano
della squadra attuale ma è un libro che parla della squadra in sé e dell’amore
dell’autore per la stessa e per la città che rappresenta. Il ritrovamento in un
cassetto di vecchi appunti sul Napoli, sopravvissuti ai tanti sfratti causati
dalle peregrinazioni cui lo ha costretto il suo lavoro di funzionario della
Banca d’Italia, ha determinato la sua decisione a raccoglierli in un libro come
sognava da anni ma che, solo ora che la tirannia del tempo si è allentata, ha
potuto dare alle stampe. L’arco di tempo considerato va dal marzo del 1957
(quando il padre portò lui, bambino di circa sei anni, per la prima volta allo
stadio, al Vomero, quando il San Paolo ancora non era stato inaugurato) al settembre
del 1998, quando si interrompono gli appunti. Questi sono trascritti in ordine
cronologico e a parte sono riportate alcune trasferte (necessariamente meno
numerose delle partite casalinghe) e i ritratti di alcuni giocatori tra i più
significativi, sempre in relazione allo stesso arco di tempo. Manca
l’attualità, ma solo per non inquinare la spontaneità del racconto.
Prima di inoltrarmi nella descrizione del testo, consentitemi
di soffermarmi sull’affermazione iniziale: “… il Napoli lo si deve amare perché
è Napoli stessa”.
Questa non è solo l’affermazione di chi è figlio, fratello,
cugino e nipote di eterni tifosi del Napoli e che per questo ha il Napoli e
Napoli (è nato – fra l’altro – in pieno centro storico) nel sangue, ma è
qualcosa di più.
Considero, come anche Roberto de Angelis, che il calcio
rappresenti metaforicamente la società in generale, che sia un microcosmo nel
quale si riflette, almeno in gran parte, il mondo esterno con tutte le sue
contraddizioni. Il Barcellona, il grande Barça, è stato ed è tuttora molto più di una squadra di calcio per la
Catalogna tutta. Durante il franchismo che abolì l’autonomia della regione e
vietò l’uso della lingua catalana, tentando una difficile e autoritaria
snazionalizzazione, il tifo per il Barça divenne un modo di continuare a sentirsi
catalani, di opporsi alla omologazione forzata della regione, diversa per
cultura e lingua, al resto della Spagna. In parte, ora che si parla di
indipendenza, ci piaccia o meno, è ancora così. Ecco un caso in cui il calcio …
rappresenta molto più del calcio stesso! Fatte le dovute differenze, la
situazione del Napoli e di Napoli presenta delle analogie (senza indulgere a
leghismi di reazione e neoborbonismi che il sottoscritto – a costo di farsi dei
nemici – aborre). La “questione meridionale”, nata con l’Unità, è ben lungi
dall’essere risolta. I grandi imprenditori “mecenati” del calcio sono tutti nelle
grandi città industriali del Nord (FIAT e gli Agnelli per la Juventus, Moratti
padre e figlio per l’Inter, Berlusconi per il Milan). Sono queste le squadre
che più possono spendere nel “calciomercato” e che molto più spesso possono
candidarsi a vincere lo “scudetto” e partecipare, e ai non remoti tempi d’oro
del calcio italiano, vincere la “Champions”. Del Nord sono le grandi testate
giornalistiche anche sportive (tranne il “Corriere dello Sport”), nel Nord
hanno sede le maggiori catene televisive private etc. E ciò si riflette sul
clima generale di esaltazione dei meriti delle squadre del Nord e sminuimento
di quelle meridionali (mediamente, ovvio, senza generalizzazioni). Questo
potere finanziario e mediatico si riflette sul peso delle squadre
settentrionali nelle istituzioni calcistiche e, inevitabilmente, almeno il
clima generale finisce con l’influenzare (ovviamente “talvolta” ma non proprio
di rado) gli arbitraggi. Vittima spesso dei pregiudizi nel mondo reale
(rectius: esterno al calcio), Napoli e i napoletani lo sono anche nel
microcosmo calcistico. Se i napoletani si lamentano di un arbitraggio, ciò
viene considerato sintomo del “vittimismo” dei napoletani, ma se (e accade di
rado) il Napoli è favorito da dubbie interpretazioni arbitrali (vedi Napoli –
Juve del campionato 2007/8, due dubbi rigori al Napoli) non vi è vittimismo da
parte degli avversari ma semplici “giuste recriminazioni”. Il tutto senza soffermarsi
sulla ferita ancora aperta dalla descrizione completamente falsata in tutti gli
aspetti degli incidenti nella finalissima di Coppa Italia data, grazie ai più
che inutili, deleteri e privi di professionalità giornalisti RAI, le cui
fantasiose ricostruzioni permisero a (quasi) tutti i media di far passare i
napoletani da vittime (addirittura un morto in un agguato) a istigatori di
incidenti pilotati da fantomatici camorristi. Ma si sa, Napoli e la malavita
fanno colore, fanno audience! E ancora i cori del tipo “Vesuvio lavali col
fuoco”, spesso poco o nulla sanzionati, o, almeno non adeguatamente sanzionati,
dagli organi sportivi preposti. Giustamente
Maradona, nel bel film – biografia dedicatogli dal grande regista Emir Kusturica,
rivendica il grande valore psicologico del 6 -1 inflitto alla Juventus nella
supercoppa vinta negli anno d’oro, perché il giovane argentino, proveniente
dalle “villas miserias” delle periferie di Buenos Aires, abitate da tanti “tanos”
di origine italiana, si era facilmente identificato coi napoletani e con
Napoli. E ancora giustamente l’ex centravanti partenopeo Careca ha ricordato
che, data la situazione generale, uno scudetto vinto dal Napoli vale 10
campionati vinti da Juve, Inter o Milan!
Tutto questo ovviamente non c’è nel libro che si ferma al 1998. Ma
traspare sia dall’introduzione sia dai continui colloqui che ho avuto e ho con
l’autore; ed è contenuto implicitamente nell’identificazione Napoli città –
Napoli squadra! Nell’arco di tempo considerato vi sono anche partite giocate in B, perché chi ama il Napoli
lo segue anche quando retrocede e il nostro autore, dopo il 1998, lo ha seguito
anche dopo il fallimento della società e negli anni del purgatorio della “C1”
oltre, ovviamente, a seguirlo oggi.
Mi rendo conto di avere a questo punto parlato poco delle singole partite
e dei singoli calciatori descritti da Roberto De Angelis. Ma non vorrei
togliervi il gusto di scoprirlo leggendo il libro; vi assicuro però che
trattasi di un testo chiaro e ben scritto e con la chiarezza di chi ha preso la
maturità classica, quando era una cosa molto seria, in uno dei migliori licei
napoletani e si è poi laureato in Giurisprudenza.
Il libro ha venduto circa settanta copie nel momento in cui scrivo. Vi
spiego perché sono tutt’altro che poche. L’editoria italiana, per ragioni
economiche, ha ormai rinunciato pressoché del tutto a ogni attività di “scouting”.
Dal punto di vista degli editori non si può dar loro completamente torto. I
lettori di professione, addetti ai numerosi manoscritti inviati, hanno un
costo. La sponsorizzazione di un autore non noto al pubblico ancora di più.
Meglio ripiegare sui libri di cucina o scritti da attori, imprenditori,
calciatori, allenatori famosi e quindi capaci di attrarre la curiosità del
sempre più esiguo numero di lettori di libri (“scritti, si fa per dire, sono in
realtà redatti da “ghost riders” spesso bravi quanto malpagati). Vi è poi la
concorrenza dei libri acquistabili come “gadget” in edicola in uno a giornali o
riviste, e quella spietata degli “ebooks” (vi siete avveduti di quante librerie
hanno chiuso?). Il libro inoltre, pur scritto da un cittadino elettivo di
Pozzuoli, non ha goduto di alcuna sponsorizzazione da parte di notabili locali.
In questa situazione data, parafrasando Careca, diremmo che le 70 copie vendute
dal nostro Roberto De Angelis equivalgono a qualche migliaio di copie in diverso
contesto spaziale e temporale. Ci permettiamo di consigliare Roberto di editare
il libro anche in formato “ebook” perché, ci piaccia o meno, è questa la nuova
frontiera per i vecchi, cari libri stampati.
Roberto de Angelis – Le Partite nel Cuore – LEGMA Edizioni